Alessandro : « Site not, some books. You can try on Google books: http://books.google.com ».
Mille grazie per avermi informato.
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Favorite Aspects of Italian
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Italian is so gay. I hate when they speak because they sound very... bitchy. hahahahaha
ugly language anyway
isn't gay. It's marvelous, beautiful, elegant (Italian lacks of it) and so on...
FRench is so feminine, probably your inner nature is womanish ... French
In my view French is out of fashion, archaic and obsolete. Most of the time it sounds ridiculous when guys speak it. I love to hear guys speaking Spanish, Italian, Greek or Arabic. These langauges are so mannish and virile
Here is an interesting article about the phenomenon of Syntactic Doubling in Italian, for those who love this romanantic language....
Syntactic Doubling In standard spoken Italian, many words cause the initial consonant sound of the following word to be doubled. This phenomenon is typical of Italian pronunciation and is called "syntactic doubling" (raddoppiamento sintattico) or phrasal doubling.. The following words cause a syntactic doubling : - all stressed (strong) monosyllables - many unstressed (weak) monosyllables - all polysyllables stressed on the final vowel (with a written accent mark) - some bisyllables In Italian dictionaries (e.g., Zingarelli, published by Zanichelli), the phonetic transcription of such words is followed by an asterisk (*). For example, the phonetic transcription of the conjunction "a" is /a*/. This means that "a presto" ("see you soon") is pronounced exactly like "appresto" ("I prepare"). On the contrary, "re Carlo" ("King Charles") and "recarlo" ("to bring it") are pronounced in two different manners, because the word "re" (/re*/) causes the doubling of the following initial consonant sound. "Re Carlo" is pronounced /rek'karlo/. Weak monosyllables (such as articles; unstressed personal pronouns; "ci", "ne" and other particles; etc.) do not cause the doubling. Italian spelling does not indicate the doubling except when two words have combined to form a new one, as in E + COME = ECCOME, FRA + TANTO = FRATTANTO, CHI + SA = CHISSA'. Syntactic doubling usually occurs in standard pronunciation of most speakers in Central and Southern Italy. In Northern Italy, where there is a tendency to ignore double consonants in general, it is less noticeable. See the examples below. See also "Espressioni omofone scritte diversamente". Word causing syntactic doubling Example Word causing syntactic doubling Example A a presto FA fa presto FRA fra noi FU fu felice TRA tra voi E' è tardi SU su Roma PUO' può fare O o lui GIA' già fatto E e lei PIU' più vicino TU tu sei LA' là sotto SE se vai LI' lì sopra MA ma no SI' sì signore NO no davvero NE ' né noi TRE tre mele COSI' così tardi RE re Carlo PERCHE' perché mai HO ho fame MANGIO' mangiò tutto HA ha freddo ANDRA' andrà via SO so tutto FARO' farò tardi SA sa l'ora DIRO' dirò tutto DO do sempre SARA' sarà troppo STO sto male COME come noi STA sta là QUALCHE qualche volta VA va via MI (note) mi minore CHE che fai? QUI qui sotto CHI chi sei? QUA
L'italiano suona troppo gay.
Ma, pensando bene, non ci sono gay in Italia :) Non ci sono diritti gay, non c'è il mattrimonio gay... Tutti sono bissessuali LOL, tutti hanno una ragazza, ma gli piace fottere un bel culetto masculino...
L'italiano suona troppo gay.
Ma, pensando bene, non ci sono gay in Italia :) Non ci sono diritti gay, non c'è il mattrimonio gay... Tutti sono bissessuali LOL, tutti hanno una ragazza, ma gli piace fottere un bel culetto masculino Correzioni Ma, pensandoCi bene, non ci sono gay in Italia :-) Non ci sono diritti per i gay, non c'è il matrimonio fra persone dello stesso sesso. Tutti sono bisessuali :-) (che cazzata) tutti hanno una fidanzata, ma piace loro fottere un bel culetto MASCHILE (masculino è spagnolo, ciò la dice lunga su di te..)
Un'altra caratteristica della lingua italiana è la complessità nella formazione irregolare del plurale del nome. Esistono infatti diversi casi particolari di formazione del plurale, di cui si riportano i principali (che corrispondono alla grande maggioranza sia dei sostantivi, sia degli aggettivi che presentano un comportamento deviante):
Diverse parole maschili che terminano per -a (generalmente termini astratti) formano il plurale in -i: il problema, i problemi; il dilemma, i dilemmi. Si tratta soprattutto di parole di origine greca. Restano invariate le parole boa e boia. Le parole provenienti da altre lingue, se non italianizzate, sono generalmente invariabili; il numero è indicato quindi dall'articolo (il film, i film; il computer, i computer). Questo vale anche quando la forma base usata è al plurale (il murales, i murales). Sono invariabili in italiano i sostantivi che terminano in vocale accentata (la virtù / le virtù), i sostantivi (quasi tutti di origine straniera) che terminano in consonante (il bar / i bar), i sostantivi che terminano in -i (il bikini / i bikini, la crisi / le crisi). I sostantivi che terminano per -io non formano un gruppo omogeneo. Se la i è accentata, il morfema -o viene semplicemente sostituito da -i, per cui si avrà: lo zìo, gli zìi. Se l'accento cade altrove, la forma al plurale si scriverà con una sola i: l'armadio, gli armadi. In altre parole, il numero di sillabe che compone il sostantivo dovrà restare invariato. In passato vigeva la regola di mettere una i con accento circonflesso, oppure una doppia i, nei casi in cui il plurale di sostantivi terminanti in -io portassero ad ambiguità. Per esempio: principe diventa principi; principio può diventare, per chiarezza, principii o principî. Comunque, al giorno d'oggi questa forma è obsoleta. Per distinguere tra il plurale di principio quello di principe, al più si usa segnare l'accento tonico: princìpi e prìncipi; normalmente si ritiene superflua questa attenzione, dato che solitamente il contesto in cui queste parole si trovano impedisce quasi sempre situazioni di ambiguità. La coppia uomo, uomini si distingue da altre per la variazione del numero di sillabe. Il fenomeno si spiega con i diversi etimi: mentre la forma singolare deriva da homo, quella plurale viene da homines. Le parole femminili in -o, generalmente abbreviazioni, restano invariabili: la radio, le radio (corrisponde a radiotrasmettitrice, radiotrasmettitrici); similmente: la moto, le moto. Fa eccezione la mano, le mani. Le parole in -cio e -gio formano il plurale in -ci e -gi (laccio, lacci). Le parole in -co e -go hanno il plurale in -ci e -gi oppure in -chi e -ghi in funzione di diversi fattori, fra i quali il più importante è la posizione dell'accento. Se la parola ha l'accento sulla penultima sillaba, come la maggior parte dei sostantivi italiani, si avrà il più delle volte -chi e -ghi: sacco, sacchi, lago, laghi. In caso contrario, il plurale è di solito in -ci e -gi: medico, medici, psicologo, psicologi. Restano in ogni caso diverse eccezioni (es. amico, amici). Spesso si usa spiegare, ma solo a titolo di ricetta, che i nomi di persone hanno normalmente il plurale in -ci e -gi, e gli altri (nomi di cosa ed animale) in -chi e -ghi. Le parole in -cia, -gia formano il plurale mantenendo la 'i' se l'ultima lettera prima della desinenza è una vocale (la camicia, le camicie), e perdendola se è una consonante (la frangia, le frange; la roccia, le rocce). La regola ha validità solo per la -i- non accentata. Nel caso di parole come allergìa, è chiaro che la i sarà conservata: allergìe. Fra le eccezioni principali, ricordiamo ciliegia e valigia, per le quali sono diffuse e accettate entrambe le forme[1] (anche se le varianti conformi alla regola sono di gran lunga più frequenti;[2] studiosi conservatori preferiscono attenersi a criteri di natura etimologica). Le parole in -cie, -gie o -glie sono variabili al plurale (la superficie, le superfici; l'effigie, le effigi; la moglie, le mogli), con l'eccezione di specie (le specie). Le parole che finiscono per -ista sono sia maschili che femminili: il turista, la turista; le forme del plurale sono comunque diverse a seconda del genere: i turisti, le turiste I sostantivi che indicano le parti del corpo non seguono regole precise. Molti hanno una forma maschile al singolare ed una forma femminile al plurale: il braccio, le braccia. Similmente: il ginocchio, il dito, il labbro, il ciglio; appartiene a questa categoria il sostantivo uovo. In questi casi, è possibile che esista anche una forma plurale maschile i bracci che però non indica la parte del corpo in sé (i bracci di una croce; i cigli delle strade). Oppure, nel caso del sostantivo osso, la forma plurale femminile (le ossa) si riferisce ad un insieme specifico di una parte del corpo (le ossa del cranio, le ossa di una gamba), mentre la forma plurale maschile (gli ossi) si riferisce a gruppi non appartenenti ad una sezione specifica del corpo (la clavicola e il femore sono due ossi). Per il sostantivo orecchio esiste anche una forma femminile: orecchia; mentre al singolare si usa soprattutto quella maschile, al plurale si preferisce quella femminile (le orecchie). Buona parte dei nomi che indicano le parti del corpo prevedono solo forme regolari: il gomito, i gomiti; la fronte, le fronti. Costituiscono un caso a parte i sostantivi mano (le mani) ed ala (le ali). Anche alcune parole non indicanti parti del corpo sono sovrabbondanti, ossia hanno più di un plurale (per esempio legno, che al plurale fa legna quando riferito a un quantitativo di legname, legni se s'intendono gli strumenti orchestrali); un sostantivo (pomodoro) ha addirittura tre possibili plurali: pomidoro, pomidori e pomodori (quest'ultimo è oggigiorno di gran lunga il più usato). Alcune forme sono difettive, vale a dire dispongono di una sola forma basilare (anche se è possibile, in determinati casi, riscontrare anche l'altra forma): i pantaloni, gli occhiali, la peste, il ferro. In casi singoli può essere d'aiuto l'uso del dizionario. Valgono regole del tutto analoghe, anche se con minore varietà di forme, per la formazione del plurale |